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Ultimo Aggiornamento: 07/05/2007 18:34
05/05/2007 13:58
 
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Aretha Franklin


Aretha Franklin è un monumento della musica tout court, non solo di quella americana o di quella black. Da "Respect" in poi (anni '60) si è imposta come l'incarnazione del gospel-soul e non ha più abbandonato la scena: "I Never Loved a Man", "Chain of Fools", "Baby I Love You", "I Say a Little Prayer", "Think", "The House That Jack Built", "Don't Play That Song For Me" e tutti i grandi classici del soul e Rhythm and Blues sono associati alla sua incredibile voce.
Aretha Louise Franklin nasce nel 1942 nel profondo sud degli Stati Uniti, a Memphis (Tennessee) e si trasferisce a Detroit al seguito del padre, che di mestiere fa il reverendo. La chiesa di papà è la palestra delle tre sorelle Franklin (Carolyn e Erma avranno discrete carriere nella musica), che si esibiscono la domenica nei tradizionali gospel. E il gospel sarà il genere con cui Aretha (la sua voce faceva già proseliti), incide la sua prima canzone, alla 'veneranda' età di 14 anni.
La 'prima fase' della Regina del Soul è decisamente gospel e la confina in una nicchia che non porta a un immediato successo, nonostante le calde interpretazioni dei classici. Contesa da Motown e Columbia, alla fine firmerà per la seconda, grazie all'intervento del talent scout John Hammond. Nella prima metà dei '60 Aretha mette a segno qualche hit R&B ("Rock-a-bye Your Baby with a Dixie Melody"), ma le sue aspirazioni soul sono tendenzialmente castrate da un produzione troppo pop-oriented, che penalizza il suo talento sconfinato.
Alla Columbia non hanno capito che fare di lei e cercano di proporla come entertainer a tutto campo. Così Aretha passa alla Atlantic, sotto la direzione del producer Jerry Wexler, determinato a fare emergere la sua orgogliosa vena soul. Arriva il primo singolo, "I Never Loved a Man (The Way I Love You)", registrato a Muscle Shoals, Alabama, con l'aiuto di ottimi musicisti di R&B del Sud, che la accompagneranno per il resto degli anni '60 (la Muscle Shoals Sound Rhythm Section). Il risultato è uno di quegli esempi di magica alchimia musicale che escono ogni 10 anni: Aretha racconta il soul accompagnata da una base R&B brillante e audace. Per la prima volta può liberarsi dalle costrizioni pop e trasmettere tutta l'intensità accumulata in anni di gospel. È pura passione, pura ispirazione, pura sensualità: la voce di Aretha Franklin conquista l'America.
Ma non solo l'America; alla fine degli anni '60 è una delle più grandi star planetarie dello showbusiness. La Franklin diventa anche un simbolo dell'orgoglio afro-americano, nel pieno della decade del movimento per i diritti civili e di importanti conquiste per la comunità nera. Il momento d'oro si traduce in una permanenza costante nelle Top Ten tra l'inizio del 1967 e la fine del 1968 e una serie di colpi messi a segno regolarmente nei successivi 5 anni. Anche i suoi vecchi lavori con la Atlantic vendono bene.
Aretha diventa ricca e famosa ma, contrariamente ai luoghi comuni dello star system dell'epoca, non perde lo slancio e la voglia di fare musica, anche grazie al suo eclettismo nella scelta dei generi, che la tiene lontana dal rischio di ripetersi. Passa dal blues al pop al gospel, dalle cover rock (Beatles, Simon&Garfunkel) a quelle R&B (Sam Cooke, The Drifters). È anche una raffinata (quanto sottovalutata) tastierista.
"Spanish Harlem", "Bridge Over Troubled Water" e "Day Dreaming" sono le hit più rappresentative dei primi anni '70, mentre "Live at Fillmore West" e "Amazing Grace" gli album che resteranno nella storia. Il secondo, del 1972, è un recupero delle sue origini gospel, registrato con James Cleveland & the Southern California Community Choir: entrerà a sorpresa nella Top Ten, affermandosi come il disco pop-gospel più fortunato di tutti i tempi.
Nonostante i blockbuster non manchino, la seconda metà dei '70 vede la vena di Aretha affievolirsi leggermente, forse anche per una virata poco convincente verso sonorità più pop. A fine decennio scade il contratto con la Atlantic e, a parte i singoli "Who's Zooming Who" e "Jump to It", la Franklin vivacchia sulla sua fama di superstar con duetti e collaborazioni varie (Luther Vandross).
Nel 1980 ci pensa il cinema a rinverdire la sua fama, con la memorabile partecipazione a "The Blues Brothers" (di John Landis), in cui, vestita da cameriera e con le ciabatte ai piedi ne canta quattro al marito in fuga, sulle note di "Think".
Come per molti artisti fioriti negli anni '60 e '70, gli '80 sono una fase critica anche per Aretha. Molti critici vedono la sua produzione come niente più che una magnifica voce rovinata da pessime produzioni, altri si aggrappano a ogni minimo lampo per annunciarne la rinascita, altri ancora giudicano poco coerente tutto quello che la Franklin ha sfornato dopo lo stato di grazia dell'era Atlantic.
In ogni caso, a dispetto delle vendite in calo, di qualche album non certo all'altezza e di alcune uscite non degne di lei (vedi l'operazione "Divas" del 1998, con Celine Dion, Mariah Carey, Gloria Estefan e Shania Twain), Aretha rimane un'istituzione del soul, dei coloured, dell'America, della musica tutta.










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