Cantante dopo il ricovero in ospedale
"L'unica persona che può tirarmi fuori da questa situazione è mio padre Mitch". A qualche giorno dal ricovero in una clinica di Londra per overdose, Amy Winehouse lancia un grido d'aiuto e spiega che trascorrere del tempo con il genitore è per lei molto più utile che stare chiusa in una rehab. "Quando divento auto-distruttiva solo lui può aiutarmi". Poi aggiunge: "Non so bene cosa sia accaduto quella notte. Ero terrorizzata".
L'interprete di "Rehab", Amy Winehouse, 23 anni, è finita in ospedale lo scorso 8 agosto. Le è stato ufficialmente diagnosticato uno stato di "grave affaticamento", ma fonti ufficiose hanno parlato di un cocktail di stupefacenti che ha reso necessarie una iniezione di adrenalina e una lavanda gastrica.
Amy è infatti nota per la sua passione per l'alcol e in passato ha sofferto di disordini dell'alimentazione e depressione. "E' stato uno dei momenti più terrificanti della mia vita - ha spiegato ricordando il momento del ricovero. - Ero come impazzita. Non so dire cosa sia esattamente accaduto, nè ricordare come sembravo. So solo che non riuscivo a riconoscermi e che ero terrorizzata e fuori controllo. Mi dispiace, so che devo cambiare".
Al momento la cantante fatica a mangiare (è ridotta a pelle e ossa) ed è in uno stato di grave indebolimento fisico e psicologico. Nonostante la sofferenza e il rischio di mandare a monte l'intero tour, non vuole però entrare nuovamente in clinica. Preferisce mettersi nella mani del padre Mitch e affidarsi a lui. "La clinica ti distrugge - ha affermato - Meglio papà di cento dottori".
Speriamo sia vero...
tg.com