Dopo un lungo periodo di successi, il mercato hip hop statunitense sta vivendo un periodo di crisi. I sondaggi fatti da Black Youth Project e Associated Press hanno messo in luce che gran parte della comunità afroamericana considera il rap come “una forza negativa nella società americana”.
Inoltre, le vendite dei dischi rap tra il 2005 e il 2006 hanno subito un calo del 21 per cento e nessun album di un artista hip hop si è inserito nella classifica dei dieci dischi più venduti dell’anno appena passato.
“Queste critiche mi fanno ridere”, ha dichiarato David Banner, uno dei personaggi di spicco della scena degli stati del Sud. “Pensano che i neri non debbano raccontare le loro storie, i problemi che hanno, la vita che fanno, per quanto terribile possa essere. Questo fa il rap. Questo è l’hip hop”.
“La colpa è anche delle case discografiche”, aggiunge Chuck Creekmur, direttore del sito Allhiphop.com, “che hanno preferito i gangsta rappers a quelli che avevano messaggi positivi come Talib Kweli e Lupe Fiasco”. “E’ vero vero che la ripetitività è esasperante, ed vero che il fatto che i dischi dei gangsta rapper vendano bene ha fatto nascere infiniti cloni, anche nei video sempre orientati verso il sesso. Ed e anche vero che un rapper ricco e benestante non ha più niente da raccontare, e che le storie vere bisogna andarsele a cercare da qualche altra parte”, spiega Nesli, rapper e produttore di Fabri Fibra. “Ma anche il rock, o il jazz hanno attraversato crisi simili. Quello dell’hip hop è un mondo ricchissimo e vivace, dove ci sono anche realtà diverse come quella di Common o Kanye West, che raccontano cose importanti. Non hanno ancora fatto scuola, ma non è detto che questa crisi non consenta ad altre voci come le loro di emergere”.
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